in collaborazione con ITACA

Consultazione pareri

DETTAGLIO QUESITO

Codice identificativo: 254
Data ricezione: 24/11/2022
 
Argomento: Adeguamento prezzi
 
Oggetto: Rinegoziazione prezzi a lavori ultimati - valutazione interesse pubblico
Quesito:

Nel caso di un'istanza di rinegoziazione ai sensi dell'art. 35, comma 4, l.p. n. 6/2022, pervenuta nei termini e ritenuta ammissibile, per quanto attiene allo scrutinio del pubblico interesse, si osserva che le linee guida ammettono che l’istanza possa essere presentata anche dopo la completa realizzazione dei lavori, per cui l’interesse al mantenimento del contratto in essere non si riduce all’interesse ad evitare un fermo cantiere. L’interesse al mantenimento del contratto parrebbe quindi sussistere anche in caso di semplice interesse alla conservazione del vincolo contrattuale, evitando un possibile seguito contenzioso. Nel caso di specie i lavori sono conclusi ma l'istanza è stata presentata prima dell'approvazione del CRE. Si chiede pertanto come possa essere motivato l'interesse pubblico - a lavori di fatto conclusi - affinché l’amministrazione proceda a una valutazione di merito considerando “l’interesse pubblico al mantenimento del contratto in essere e le conseguenze negative di un’eventuale risoluzione contrattuale per eccessiva onerosità sopravvenuta che l’appaltatore potrebbe richiedere e ottenere dal giudice”.

 
Risposta:

Le linee guida approvate con la delibera della Giunta provinciale n. 1660 di data 16.9.2022 e rettificate con delibera della Giunta provinciale n. 1883 di data 21.10.2022 prevedono espressamente la possibilità che l’istanza di rinegoziazione dei prezzi sia presentata sino al momento di approvazione del certificato di collaudo o di regolare esecuzione: l’unica preclusione, quindi, non è determinata dalla fine lavori, ma esclusivamente dalla definitiva conclusione del contratto, ossia dalla definizione di ogni rapporto che dallo stesso discende (si veda par. 6). Questo in quanto successivamente alla fine lavori sono presenti ancora specifici adempimenti a carico dell’appaltatore necessari per poter giungere alla redazione del certificato di collaudo o di regolare esecuzione e quindi alla relativa approvazione. Si segnala, inoltre, che né la norma di cui all’art. 35 comma 4, né le linee guida impongono che l’istanza sia stata preceduta in sede di esecuzione del contratto dall’apposizione sui registri contabili di una specifica riserva o dall’instaurazione di un giudizio ex 1467 CC o dalla presentazione di specifiche domande siano esse dirette all’Autorità giudiziaria ordinaria o alla stessa Amministrazione committente. Ciò in linea con gli interventi disposti a livello nazionale per le compensazioni dei prezzi e, quindi, in linea con il principio ricavabile da siffatti interventi tesi a evitare che il rischio comportato dagli squilibri contrattuali determinati da situazioni imprevedibili e contingenti verificatisi nel periodo di riferimento che hanno fortemente perturbato il mercato ricadano esclusivamente sull’operatore economico controparte dell’Amministrazione. Ciò anche a fronte del principio per cui l’appaltatore non è legittimato a un fermo cantiere e, al contrario, l’illegittima interruzione dei lavori da parte dello stesso determina l’insorgere di una precisa responsabilità per grave inadempimento. Nell’equilibrio dei rapporti fra le parti di un contratto, in presenza di un contratto d’appalto di cui sia parte la Pubblica Amministrazione, la normativa speciale introduce specifici elementi, in funzione – com’è noto – degli interessi pubblici sovraordinati di cui la PA è portatrice. Questo, tuttavia, non legittima l’Amministrazione ad abusare delle previsioni dettate dalla normativa in materia di contrattualistica pubblica adottando comportamenti in sede di esecuzione del contratto che si pongano in contrasto con il fondamentale principio di buona fede contrattuale. Siffatto principio permea di sé ogni contratto compreso quello in cui è parte una PA e dallo stesso discende che ciascuna delle parti non può abusare dei propri diritti a scapito dell’altra. Quindi, se da un lato la PA può imporre all’appaltatore di dar corso in ogni caso all’esecuzione del contratto (pena l’attribuzione di specifica responsabilità), non per questo può legittimamente esigere che l’appaltatore si assuma completamente il rischio di eseguire il contratto pur se in perdita (eccedente la normale alea contrattuale) a fronte di eventi quali quelli che hanno determinato l’emanazione della norma in applicazione (e di quelle dettate a livello nazionale). In altri termini, le potestà riconosciute dalla normativa in materia di contrattualistica pubblica alla PA che sia parte di un contratto, non consentono alla stessa di arricchirsi indebitamente a danno della controparte privata al di fuori di qualsiasi criterio di buona fede contrattuale o, anzi, legittimando comportamenti in mala fede. Quanto sopra esposto costituisce – a ben vedere – il fondamento degli interventi normativi compensativi, sia a livello nazionale che a livello locale e fra questi ultimi anche l’art. 35 comma 4 di cui le linee guida citate fissano gli indirizzi applicativi: diversamente ragionando, infatti, non si giustificherebbe in alcun modo la portata retroattiva della norma che – si ricorda – prevede la rinegoziazione dei prezzi in caso di lavorazioni eseguite a far data del 1° gennaio 2022 e quindi in epoca antecedente alla sua emanazione. In conclusione, per giungere alla definizione del quesito si può affermare che quanto sopra esposto costituisce una direttrice per la valutazione dell’interesse pubblico sotteso all’accoglimento dell’istanza in caso di contratto ancora in corso e non concluso con l’approvazione del certificato di collaudo /certificato di regolare esecuzione. Rimane inteso che la valutazione ultima spetta alla singola stazione appaltante in ragione del caso concreto.

 

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