Consultazione pareri
Codice identificativo: | 301 |
Data ricezione: | 13/04/2023 |
Argomento: | Altro |
Oggetto: | Affidamento di servizi di natura socio-assistenziale - accordo tra enti |
Quesito: | Per le prestazioni erogate dall’APSP in un regime di accordo di collaborazione tra Enti pubblici con “affidamento” diretto del servizio, la Comunità è tenuta a corrispondere unicamente il mero rimborso dell’effettivo costo sostenuto dall’APSP per il servizio erogato o è invece possibile liquidare un corrispettivo all’APSP, con emissione di regolare fattura? Qualora le APSP richiedano non un rimborso, ma un corrispettivo, prevedendo anche un margine di guadagno, si deve ricorrere alla trattativa tramite la piattaforma MEPAT, essendo affidamenti superiori alla soglia dei 5.000€? |
Risposta: | Per dare riscontro ai quesiti posti, pare anzitutto opportuno identificare quali siano le condizioni in presenza delle quali si configuri un accordo tra amministrazioni aggiudicatrici ex articolo 5, comma 6, del d.lgs 18 aprile 2016, n. 50, escluso dall’ambito di applicazione del codice dei contratti. La disposizione in parola, che costituisce una species degli articoli 15 della l. 7 agosto 1990, n. 241 e 16 bis della l.p. 30 novembre 1992, n. 23 dispone che: “Un accordo concluso esclusivamente tra due o più amministrazioni aggiudicatrici non rientra nell'ambito di applicazione del presente codice, quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) l'accordo stabilisce o realizza una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che essi sono tenuti a svolgere siano prestati nell'ottica di conseguire gli obiettivi che essi hanno in comune; b) l'attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all'interesse pubblico; c) le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione.” Elemento distintivo di tale istituto è dunque l’instaurazione, attraverso l’accordo in parola, di una collaborazione tra amministrazioni aggiudicatrici mediante la quale queste coordinano i propri ambiti di intervento e le proprie funzioni al fine di conseguire un risultato comune. Con l’accordo le amministrazioni mirano a perseguire attività di interesse pubblico ad esse comuni collaborando in modo reciproco e realizzando una “sinergica convergenza” avente ad oggetto tali attività (delibera ANAC n. 1142 del 8 novembre 2017, Cons. Stato, sez. V, 15 luglio 2013, n. 3849, Cons. Stato, sez. V, 23 giugno 2014, n. 3130). Una siffatta collaborazione può sussistere solamente laddove le amministrazioni coinvolte cooperino in modo effettivo, dividendosi compiti e responsabilità (delibera ANAC n. 1142/2017). Con riferimento alla cooperazione instaurata tra le parti, preme osservare che, conformemente al considerando 33 della direttiva 2014/24/UE, questa “potrebbe riguardare tutti i tipi di attività connesse alla prestazione di servizi e alle responsabilità affidati alle amministrazioni partecipanti o da esse assunti, quali i compiti obbligatori o facoltativi di enti pubblici territoriali o i servizi affidati a organismi specifici dal diritto pubblico. I servizi forniti dalle diverse amministrazioni partecipanti non devono necessariamente essere identici; potrebbero anche essere complementari”. Alla luce di quanto prospettato, emerge quindi che l’accordo viene concluso dalle amministrazioni aggiudicatrici al fine di disciplinare lo svolgimento di attività di interesse comune. La logica sottesa a tale strumento, imperniato dunque sulla “comunanza di interesse” e sulla cooperazione, esclude che le amministrazioni vi possano fare ricorso nell’ipotesi in cui una parte si appropri dell’attività esercitata dall’altra, traendone un’utilità diretta, a fronte del pagamento di un corrispettivo. In tal caso infatti l’accordo viene retto da una logica fondata sullo scambio economico riconducibile al paradigma di cui all’art. 1321 c.c. (Cons. Stato n. 3849/2013, Cons. Stato n. 6034/2021). In particolare una siffatta situazione si prospetta qualora un’amministrazione, ponendosi quale operatore economico, presti all’altra, a fronte di un corrispettivo, dei servizi che, sebbene riconducibili ai propri compiti istituzionali, per la loro natura effettiva siano reperibili sul mercato. In questi casi l’accordo “non contiene una “disciplina” di attività comuni agli enti, ma compone un contrasto di interessi tra l’ente pubblico che, da un lato [...] offre prestazioni [...] deducibili in contratti di appalto pubblico di servizi e l’ente che, conformandosi a precetti normativi, domanda tali prestazioni, in quanto strumentali allo svolgimento dei propri compiti di interesse pubblico” (Cons. Stato n. 3849/2013, Cons. Stato n. 3130/2014, Cons. Stato n. 6034/2021, in senso conforme delibera ANAC n. 1142/2017). Ne consegue che in tali casi l’amministrazione non può ricorrere allo strumento di cui all’art. 5, comma 6, del d.lgs n. 50/2016, ma al contrario deve affidare siffatte prestazioni nel rispetto delle forme previste dalla normativa in materia di contratti pubblici. Infatti, “il ricorso all’accordo non può interferire con il perseguimento dell’obbiettivo principale delle norme comunitarie in tema di appalti pubblici, ossia la libera circolazione dei servizi e l’apertura alla concorrenza non falsata negli Stati membri. Pertanto, la collaborazione tra amministrazioni non può trasformarsi in una costruzione di puro artificio diretta ad eludere le norme menzionate [normativa in materia di contratti pubblici] e gli atti che approvano l’accordo, nella motivazione, devono dar conto di quanto su esposto [condizioni in presenza delle quali è possibile concludere l’accordo]” (delibera ANAC n. 1142/2017). Venendo poi all’esame del tema relativo alle contropartite economiche che trovano ragione nell’accordo, occorre evidenziare che, ai fini della configurabilità dell’accordo ex art. 5, co. 6, d.lgs 50/2016, “i movimenti finanziari tra i soggetti che sottoscrivono l’accordo devono configurarsi solo come ristori delle spese sostenute, essendo escluso il pagamento di un vero e proprio corrispettivo, comprensivo di un margine di guadagno” (delibera ANAC n. 1142/2017). La previsione di una remunerazione è quindi estranea al modello definito dalla norma, infatti “L’ “interesse comune” tra le due pubbliche amministrazioni esclude che l’una intenda avvalersi delle prestazioni dell’altra dietro il pagamento di un corrispettivo” (Cons. Stato n. 6034/2021). La prestazione di servizi a fronte di un corrispettivo rientra appieno nello schema proprio degli appalti pubblici, ai quali devono essere applicate le norme dettate in materia. |
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