in collaborazione con ITACA

Consultazione pareri

DETTAGLIO QUESITO

Codice identificativo: 422
Data ricezione: 06/10/2024
 
Argomento: Altro
 
Oggetto: Appalti e professionisti
Quesito:

L’art. 1 co. 1 lett. l) All. I.1 del D.Lgs. 36/2023 definisce operatore economico qualsiasi persona o ente, anche senza scopo di lucro, che, a prescindere dalla forma giuridica e dalla natura pubblica o privata, possa offrire sul mercato prestazioni di lavori, servizi o forniture corrispondenti a quelli oggetto della procedura di evidenza pubblica. Tale definizione, di diretta derivazione comunitaria, non distingue in relazione alle modalità di esercizio di una determinata attività, ma sembra attrarre nell’ambito del Codice anche figure che tipicamente sarebbero riconducibili alla prestazione d’opera intellettuale, prescindendo quindi dal possesso o meno di un’organizzazione di impresa in capo all’OE (in tal senso, tra le altre, C. Conti del. n. 16/11/2021, n. 241). Si chiede: 1. se in ragione della prevalenza delle norme comunitarie, di cui il codice rappresenta recepimento, lo stesso debba applicarsi anche per l’acquisizione della prestazione di un libero professionista; 2. in quali fattispecie la prestazione del professionista rappresenti esecuzione di un appalto di servizi e in quali, invece, di incarico di consulenza/studio.

 
Risposta:

Il quesito poggia sulla questione attinente alla differenziazione fra gli incarichi e gli appalti di servizi e in merito è utile ricordare che la questione è stata affrontata nella Delibera n. 241 del 29 novembre 2021 della Corte dei conti Emilia Romagna recante le “Linee-guida riguardanti incarichi di collaborazione, consulenza, studio e ricerca, ai fini dell’adempimento di cui all’art. 1, comma 173, della Legge n. 266/2005”. Nell’ambito di tali linee guida la Corte dei Conti si è proprio soffermata su questa tematica affermando che “nell’attuale panorama normativo, alla tradizionale ricostruzione, meramente civilistica, della distinzione tra appalto e incarico – secondo cui il criterio soggettivo (professionalità della prestazione resa da esperto iscritto in albi in assenza di stabile organizzazione di tipo imprenditoriale), e il criterio oggettivo (natura intellettuale della prestazione) convergono sotto il profilo qualificatorio della fattispecie, nell’affidamento di un contratto di lavoro autonomo, mentre caratteristica del contratto di appalto è la stabile organizzazione di mezzi resa da imprenditore – si sostituisce un criterio, dettato dal diritto comunitario, che abbandona la dicotomia - e le connesse difficoltà interpretative - prestatore d’opera intellettuale/appaltatore, a vantaggio della definizione di “operatore economico” tout court: ovvero “una persona fisica o giuridica, un ente pubblico, un raggruppamento di tali persone o enti, compresa qualsiasi associazione temporanea di imprese, un ente senza personalità giuridica, ivi compreso il gruppo europeo di interesse economico (GEIE) costituito ai sensi decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240, che offre sul mercato la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi”.” Si è detto, infatti, che il prestatore di servizi non deve necessariamente possedere un’organizzazione di impresa, requisito, invece, imprescindibile per il nostro codice civile (art. 1655 c.c.), tanto che la definizione di “operatore economico” adottata dal Codice non fa alcuna distinzione in relazione alle modalità di esercizio di una determinata attività secondo quelle che, nel diritto interno, potrebbero individuare il prestatore d’opera intellettuale o l’appaltatore, ma attrae le figure che, tipicamente, sarebbero riconducibili agli artt. 2222, 2229 e 1665, nell’alveo della disciplina dettata dal codice dei contratti pubblici. Codice che, fra l’altro, in esecuzione di specifiche direttive comunitarie, nel delineare l’ambito oggettivo di applicazione, contiene altresì una definizione di “appalto” molto più ampia di quella del codice civile. Alla riconosciuta prevalenza delle norme di matrice comunitaria, di cui il Codice dei contratti pubblici rappresenta in questo ambito il fedele recepimento, consegue quindi una diversa ricostruzione del concetto di appalto pubblico: esso trova significativi momenti di divaricazione rispetto al modello civilistico, nel quale a un diverso ambito oggettivo, costituito non solo dalla realizzazione dell’opera e/o del servizio, ma anche della fornitura, corrisponde una differente individuazione di soggetti che sono abilitati a realizzare, per l’appunto, l’opera, il servizio, la fornitura. Sulla base di dette coordinate il Codice non presuppone che la controparte dell’amministrazione sia un imprenditore in senso civilistico e del resto, tipici appalti di servizi sono ad esempio anche quelli che hanno a oggetto servizi di progettazione in cui la controparte dell’amministrazione può essere un libero professionista. Da ciò la conseguenza che la disciplina del Codice può applicarsi anche quando l’amministrazione debba procurarsi la prestazione di un libero professionista. Quindi l’attuale definizione di “operatore economico” in ambito europeo è molto ampia e tende ad abbracciare tutta la gamma dei soggetti che potenzialmente possono prender parte ad una gara pubblica con la conseguenza di un ampliamento e di una estensione del concetto di appalto, in ambito pubblico, a tutta una serie di ipotesi in cui, come detto, il soggetto che realizza non è un imprenditore (e che secondo i canoni del codice civile in ambito privatistico sarebbero assimilati a prestazioni d’opera), e, per converso, di un restringimento delle fattispecie in cui si può ricorrere all’affidamento di un vero e proprio incarico. Afferma la citata pronuncia che “viene meno il criterio tradizionale – valevole solo in ambito civilistico – secondo cui le norme in tema di appalto si palesano solamente nelle ipotesi in cui il professionista si sia obbligato a strutturare una stabile organizzazione per l’esecuzione della prestazione, mentre la consulenza e/o collaborazione autonoma sono caratterizzate dalla carenza di tale requisito derivante dall’unicità, dalla singolarità e puntualità dell’incarico, nonché dalla determinatezza dell’arco temporale in cui si deve svolgere la prestazione professionale.”. Alla luce degli insegnamenti del diritto comunitario e della portata delle relative norme e di quelle nazionali di recepimento, la Corte giunge alla conclusione che “devono contestualmente essere recepiti quegli orientamenti di derivazione comunitaria secondo i quali, al fine di garantire i principi della concorrenza tra operatori economici, di libera circolazione dei servizi ed il diritto di stabilimento, la nozione di “contratto di appalto di servizi” da considerarsi è più ampia di quella del codice civile, con la conseguenza che numerosi rapporti negoziali qualificati come contratti d’opera o di opera intellettuale devono considerarsi attratti, sotto il profilo delle modalità di affidamento, nella disciplina dei contratti pubblici di cui al d. lgs. n. 50/2016.” Ciò premesso, ai fini di un corretto inquadramento soccorre la deliberazione n. 46/2022/SRCPIE/VSG della sez. reg. di controllo per il Piemonte la quale ha specificato che “[...] il carattere comune alle fattispecie di studio, ricerca o consulenza non sta tanto nell’individuazione di un professionista singolo, quanto nel fornire all’amministrazione un contributo conoscitivo qualificato, che la orienta in modo autorevole ma non ne vincola in maniera cogente l’azione, giacché “il decisore pubblico ha sempre titolo, allorché si trovi in presenza di uno studio, una ricerca o una consulenza, di discostarsi, in tutto o in parte, dalle indicazioni pratiche o concrete che promanino dalle conclusioni tratte dall’esperto. All’opposto si è in presenza di un “servizio” nel momento in cui la prestazione richiesta dalla pubblica amministrazione, anche quando si inserisca in un iter procedimentale che necessiti di ulteriori determinazioni decisionali, conferisce nel procedimento un apporto conoscitivo o accertativo, che l’organo amministrativo recepisce sic et simpliciter senza discostarsene, e che va a costituire una fase a sé stante nella sequenza”; fase chiaramente imputabile al prestatore con “rischio di impresa” a suo carico, nel senso che il prestatore potrà essere chiamato a rispondere dell’an e del quomodo del proprio adempimento non solo da parte del committente, ma anche da parte dei terzi interessati dagli effetti della sua attività.” E ancora, con specifico riferimento alle consulenze legali, la giurisprudenza contabile ha osservato che: “Sono stati pertanto definiti dalla giurisprudenza contabile come incarichi di vera e propria “consulenza legale” quelli in cui “(…) la prestazione del professionista sia volta a supportare l’amministrazione nell’adottare accorgimenti, provvedimenti e prassi, ovvero a rafforzare il patrimonio conoscitivo-esperienziale giuridico del decisore pubblico; in tale ultimo caso, come anche nelle ipotesi in cui lo stesso risulti finalizzato alla redazione di bandi, documenti di gara, atti a rilevanza societaria (come le offerte, sottoscrizioni o dismissioni), l’incarico risulterà estraneo alla disciplina del D. Lgs n. 50/2016 e sarà soggetto alle disposizioni dell’articolo 7 comma 6 del D. Lgs n. 165/2001,(...).” (Deliberazione n. 54/2021/SRCPIE/INPR della sez. reg. di controllo per il Piemonte). E’ quindi alla luce di tali assesti che deve essere risolta la questione sottesa al quesito. Rimane inteso che gli appalti di servizi partecipano della medesima esigenza di perseguimento delle finalità di economicità ed efficacia dell’azione amministrativa, soggiacendo al principio per cui le pubbliche amministrazioni devono perseguire i loro fini istituzionali utilizzando il proprio personale mentre il ricorso a figure esterne è consentito solo qualora sia necessaria una specifica professionalità non presente all’interno dell’Ente, fermo che in ogni caso l’utilizzo di detta tipologia di personale non deve rappresentare una duplicazione delle risorse umane già presenti. Pur nella differenza fra appalti di servizi e incarichi, le ricorrenti pronunce della Corte dei Conti ci insegnano, infatti, che per affidare all’esterno un’attività, occorre prima effettuare un’attenta e puntuale verifica dell’esistenza di risorse umane interne, onde evitare duplicazioni indebite di spesa.

 

< Indietro
torna all'inizio del contenuto