Consultazione pareri
Codice identificativo: | 443 |
Data ricezione: | 09/10/2024 |
Argomento: | Esecuzione del contratto |
Oggetto: | Richiesta revisione prezzi per rinnovo CCPL appaltatore |
Quesito: | Il nostro ente ha in essere un contratto pluriennale attinente al servizio di ristorazione interna. Il capitolato d’appalto prevedeva che dal secondo anno dalla decorrenza contrattuale si procedesse all’adeguamento prezzi con riferimento all’indice dei prezzi al consumo per famiglie di impiegati ed operai. Con riferimento a tale previsione lo scorso mese di luglio l’appaltatore ha richiesto l’adeguamento prezzi che è stato concesso. L’appaltatore ora, alla luce del sopraggiunto rinnovo del CCNL del settore ristorazione, chiede un nuovo adeguamento prezzi citando l’art. 106 del D.Lgs. 50/2016 sostenendo che il rinnovo del contratto di lavoro costituisca una circostanza sopravvenuta, imprevista ed imprevedibile. Con il presente quesito sono a chiedere se tale nuovo adeguamento prezzi sia dovuto ai sensi dell’art. 9 del D.Lgs. 36/2023 e se vi siano in ogni caso margini di trattativa. Ringrazio e porgo cordiali saluti. |
Risposta: | Dal quesito presentato e dalla documentazione integrativa successivamente acquisita risulta che la gara per l’appalto in questione è stata indetta con bando inviato all’ufficio Pubblicazioni Ue il 16 giugno 2022. La norma di cui all’art. 35 della L.P. n. 6/2022 è entrata in vigore il 18 giugno 2022 e al comma 2 prevedeva che “L'articolo 29 del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4 (Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all'emergenza da COVID-19, nonché per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico), si applica alle procedure per l'affidamento di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture avviate dopo la data di entrata in vigore di questo articolo, nonché a quelle il cui termine di presentazione delle offerte non sia ancora scaduto alla data di entrata in vigore di questo articolo.” Dalla disciplina negoziale emerge con evidenza che la clausola revisionale inserita nel contratto consente, alle condizioni ivi previste, di dare luogo alla revisione dei prezzi a partire dal secondo anno dalla decorrenza contrattuale. Vagliati i termini di applicabilità della clausola revisionale, occorre valutare se l’ordinamento giuridico appresti altri strumenti che consentano di far fronte alle sopravvenienze. L’ordinamento provinciale ha offerto uno strumento emergenziale per far fronte agli aumenti eccezionali dei prezzi delle materie prime verificatesi negli ultimi anni. Tale strumento, che trova la propria disciplina nel citato art. 35, comma 4, della L.P. n. 6/2022, consente di dar luogo ad una rinegoziazione in via amministrativa per riequilibrare l’equilibrio sinallagmatico del contratto perturbato dagli aumenti eccezionali: tuttavia tale strumento si pone in rapporto di netta alternatività rispetto alla clausola revisionale prevista al comma 2 e menzionata nel capitolato speciale d’appalto. Ne consegue pertanto che non è possibile far ricorso nel caso descritto all’articolo 35, comma 4. Ciò posto, sembra opportuno vagliare se sussistano, in via residuale, ulteriori spazi per dar luogo ad una modifica contrattuale ed entro quali termini. A tal proposito vale la pena osservare che l’articolo 9 del Codice dei contratti pubblici stabilisce, tra i principi generali, il principio della conservazione dell’equilibrio contrattuale e tale disposizione pur non essendo applicabile al contratto in esame è espressione di un principio generale di gestione delle sopravvenienze che deve essere preso adeguatamente in considerazione. Come noto, il principio della rinegoziazione contrattuale trova il suo riscontro nella problematica civilistica della risoluzione dei contratti di durata o ad esecuzione continuata o periodica di cui all’art. 1467 cc. La Corte di Cassazione ha statuito che “L’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, per potere determinare, ai sensi dell’art. 1467 cod. civ., la risoluzione del contratto richiede la sussistenza di due necessari requisiti: da un lato, un intervenuto squilibrio tra le prestazioni, non previsto al momento della conclusione del contratto, dall’altro, la riconducibilità della eccessiva onerosità sopravvenuta ad eventi straordinari ed imprevedibili, che non rientrano nell’ambito della normale alea contrattuale. Il carattere della straordinarietà è di natura oggettiva, qualificando un evento in base all’apprezzamento di elementi, quali la frequenza, le dimensioni, l’intensità, suscettibili di misurazioni (e quindi, tali da consentire, attraverso analisi quantitative, classificazioni quanto meno di carattere statistico), mentre il carattere della imprevedibilità ha fondamento soggettivo, facendo riferimento alla fenomenologia della conoscenza.” (Cass. 19 ottobre 2006, n. 22396). La causa dell'eccessiva onerosità sopravvenuta deve rivestire il carattere della generalità: non è sufficiente una mera difficoltà rivelatasi esclusivamente nella sfera del singolo, occorrendo una situazione operante presso qualsiasi debitore e tale da modificare il valore di mercato della prestazione (cfr. Cass. 25 maggio 2007, n. 12235). Il rimedio civilistico presuppone l’iniziativa della parte danneggiata atta a dimostrare l’effettiva ed eccessiva sperequazione del contratto con rottura del rapporto di corrispettività economica tra i due arricchimenti derivante dalla peculiare situazione del mercato. A fronte di detta iniziativa la norma introduce, oltre al rimedio prettamente demolitorio, anche un rimedio conservativo del contratto in essere. Infatti, la norma di cui all’art. 1467 cc consente alla parte nei cui confronti è proposta azione di risoluzione di vanificare la domanda proposta dalla parte onerata dalle sopravvenienze riconducendo ad equità il contratto. Come specificato anche dall’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione n. 56/2020 la norma recata dall’art. 1467 cc costituisce in sostanza espressione di un principio generale di preservazione dell’equilibrio del contratto fondato sul valore di correttezza e buona fede che deve imperniare anche la fase esecutiva del contratto. Sulla scorta degli insegnamenti civilistici, il nuovo Codice dei contratti pubblici ha introdotto l’art. 9, il quale precisa che: “1. Se sopravvengono circostanze straordinarie e imprevedibili, estranee alla normale alea, all’ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato e tali da alterare in maniera rilevante l’equilibrio originario del contratto, la parte svantaggiata, che non abbia volontariamente assunto il relativo rischio, ha diritto alla rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni contrattuali. Gli oneri per la rinegoziazione sono riconosciuti all’esecutore a valere sulle somme a disposizione indicate nel quadro economico dell’intervento, alle voci imprevisti e accantonamenti e, se necessario, anche utilizzando le economie da ribasso d’asta. 2. Nell’ambito delle risorse individuate al comma 1, la rinegoziazione si limita al ripristino dell’originario equilibrio del contratto oggetto dell’affidamento, quale risultante dal bando e dal provvedimento di aggiudicazione, senza alterarne la sostanza economica. 3. Se le circostanze sopravvenute di cui al comma 1 rendono la prestazione, in parte o temporaneamente, inutile o inutilizzabile per uno dei contraenti, questi ha diritto a una riduzione proporzionale del corrispettivo, secondo le regole dell’impossibilità parziale. 4. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti favoriscono l’inserimento nel contratto di clausole di rinegoziazione, dandone pubblicità nel bando o nell’avviso di indizione della gara, specie quando il contratto risulta particolarmente esposto per la sua durata, per il contesto economico di riferimento o per altre circostanze, al rischio delle interferenze da sopravvenienze. 5. In applicazione del principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale si applicano le disposizioni di cui agli articoli 60 e 120.” L’art. 120 contiene poi al comma 8, l’indicazione secondo cui il contratto “è sempre modificabile ai sensi dell’articolo 9… nel rispetto delle clausole di rinegoziazione”. La disposizione prosegue enucleando il caso in cui le clausole di rinegoziazione non siano previste in contratto. Ora, venendo al caso concreto, sembra di poter sostenere che la stazione appaltante possa in astratto vagliare la sussistenza degli estremi per la rinegoziazione in virtù del principio contenuto nell’articolo 9 che comunque si impone quale principio generale anche ai contratti in corso di esecuzione ma solamente dopo aver dato adeguatamente corso a tutti gli strumenti contrattuali previsti, e dunque facendo prioritariamente ricorso alla clausola revisionale. Solamente laddove la stessa dovesse mostrarsi non soddisfacente, la stazione appaltante potrà valutare se sussistono gli estremi per fare ricorso all’applicazione del principio di rinegoziazione contrattuale. Resta inteso che la possibilità di dar luogo alla rinegoziazione del contratto sussiste in ogni caso al ricorrere delle circostanze sopravvenute, straordinarie ed imprevedibili, estranee alla normale alea del contratto (art. 9, 1 co.), alla ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato e tali da alterare in maniera rilevante l’equilibrio originario del contratto. Ed è proprio relativamente a questo profilo che occorrerà indagare se, nel caso di specie, il rinnovo del ccnl possa a tutti gli effetti essere ascritto a circostanza straordinaria ed imprevedibile. A tal fine deve essere verificato se all’atto della predisposizione dell’originaria gara il costo della manodopera era stato determinato considerando anche le future modifiche del CCNL, allo stesso modo deve essere verificato se nel contesto dell’eventuale documentazione prodotta dall’offerente a sostegno della congruità della propria offerta sia stato previsto un accantonamento per i futuri incrementi contrattuali. A tal riguardo, al fine di fornire qualche elemento di riflessione, si sottolinea che la giurisprudenza ha da sempre sostenuto la prevedibilità per l’operatore economico degli aumenti salariali (Cons. Stato n. 6652/2023), con l’eccezione della recente pronuncia del TAR Campania, n. 3735/2024 che sembra ascrivere la modifica dei contratti collettivi all’ambito delle cause impreviste ed imprevedibili che consentono una modifica del contratto ai sensi dell’art. 106, co. 1, lett. c), oggi art. 120 d.lgs. 36/2023. Ad ogni buon conto, si ritiene spetti alla stazione appaltante, in relazione allo specifico rinnovo contrattuale rilevare se, in relazione all’entità delle percentuali di incremento salariale, oggetto di contrattazione fra le Parti datoriali e sindacali possa ritenersi sussistente una causa imprevista per gli operatori economici. Si ricordi in ogni caso che lo spazio di rinegoziazione deve sempre porsi nel rispetto del limite della tutela dei terzi, secondo il principio espressamente riformulato dall’art. 120, comma 6 che considera sostanziale una modifica che introduca condizioni nell’assetto del contratto che se fossero state contenute nei documenti di gara avrebbero potuto portare alla partecipazione di altri operatori e alla formulazione di altre offerte. |
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